Perché è importante Il 25 aprile?
In questi giorni da più parti, esponenti del governo, esponenti politici legati alle forze di governo, in particolar modo alla Lega, mettono in discussione i festeggiamenti per la commemorazione dell’anniversario della liberazione del 25 aprile.
Ed allora penso sia doveroso capire perché si festeggia il 25 aprile, perché è stata scelta questa data e come si arrivò al 25 aprile cioè quello che successe prima e quindi le motivazioni per festeggiare oggi come ieri.
Il 25 aprile è il giorno in cui nelle città di Torino e Milano si ritirarono le forze tedesche e quel che rimaneva delle forze fasciste della Repubblica di Salò.
In realtà la data del 25 Aprile come momento commemorativo della liberazione fu scelto l’anno successivo, ad aprile del ‘46 quando si instaurò in Italia il primo governo provvisorio guidato da Alcide De Gasperi e l’ultimo del Regno d’Italia, questo perché in ogni caso, il 25 aprile non fu la fine della guerra e dei combattimenti ma fu una data sicuramente molto importante, in realtà i combattimenti andarono avanti ancora per diverso tempo.
Quello che mi preme ricordare e dettagliare, al di là dei massacri della Seconda Guerra Mondiale, che tutti conosciamo e che ricordo fece nel mondo circa 50 milioni di vittime tra militari e civili, dicevo, quello che mi preme è quello che successe in Italia dopo l’accordo del ‘43 quindi dal settembre del ‘43 al ‘45.
Cioè quasi 2 anni in cui vengono costituite le forze Partigiane che insieme agli alleati, ovviamente gli americani in questo secondo caso, riescono a sconfiggere e scacciare i tedeschi ed i fascisti.
In altre parole due anni di guerra civile!!!
Il 25 luglio del 1943 il “Cavalier Benito Mussolini” aveva presentato le dimissioni da capo del governo al re che le ha accettate nominando maresciallo d’Italia, il Generale Pietro Badoglio.
Il compito di Badoglio era quello di portare l’Italia fuori dalla guerra e raggiungere un armistizio che permettesse di avere delle condizioni di favore o per lo meno, più miti grazie alla resa incondizionata.
Questo si basava sulla convinzione da parte del re e di Badoglio che, una volta eliminato Mussolini, l’atteggiamento anglo-americano nei confronti dell’Italia sarebbe stato più comprensivo.
Ovviamente fu solo un’illusione.
L’idea di Badoglio era che l’Italia potesse rimanere neutrale per il resto della guerra; ma gli alleati non accettarono perché avevano deciso di utilizzare la penisola come base di attacco contro la Germania quindi respinsero nettamente ogni richiesta riconfermando la resa incondizionata.
Il 18 agosto del ‘43 Churchill dichiarò espressamente che gli italiani avrebbero dovuto guadagnarsi quest’armistizio. Davanti alla intransigenza degli alleati il governo italiano cercò garanzie di ordine militare relativi ai tempi dell’occupazione alleata al fine di evitare che tutto il paese diventasse un campo di battaglia.
Ma anche questa richiesta dell’Italia venne molto discussa e criticata dagli alleati fino a quando l’intervento di Eisenhower sblocco la situazione ipotizzando uno sbarco a sud di Roma delle forze alleate ed una divisione americana aereo-trasportata che sarebbe stata paracadutata nei dintorni della capitale per assicurarne la difesa in collaborazione con le truppe italiane.
Il governo italiano il 3 settembre del 1943 firma a Cassibile in provincia di Siracusa il cosiddetto “breve armistizio” un secondo documento il “lungo armistizio” verrà firmato poi da Badoglio il 29 settembre a Malta.
Il documento di Cassibile prevedeva l’immediata cessazione delle ostilità, la resa completa dell’esercito, della marina, dell’aviazione e la giurisdizione di un’amministrazione alleata su tutto il territorio nazionale.
L’atto armistiziale e le sue clausole dovevano rimanere segrete fino al momento dello sbarco.
Ovviamente come sempre, per la legge di Murphy, le cose non andarono come previsto e il lancio dei paracadutisti dovette essere annullato per l’impossibilità, da parte italiana, di assicurare il controllo dei campi di aviazione intorno a Roma. Inoltre alcune ore prima dello sbarco tramite una ricognizione aerea, il comando italiano accertò che esso sarebbe avvenuto a sud di Napoli lasciando così Roma esposta agli attacchi delle truppe tedesche.
Eisenhower arrivò a minacciare la distruzione del governo e del paese se tutte le clausole armistiziali non fossero state osservate secondo gli accordi.
A Badoglio non rimaneva altra scelta e la sera del 8 settembre con un radiomessaggio, ordinava alle forze armate di cessare le attività di ostilità contro gli alleati e di tenersi pronti a reagire all’eventualità di attacchi da qualsiasi altra provenienza.
Per i nostalgici monarchici e per Emanuele Filiberto di Savoia, che poco tempo fa dichiarò che l’Italia vuole ancora la monarchia, tengo a sottolineare che il 9 mattina la famiglia reale lasciò la residenza reale in automobile diretta Pescara dove partirono con un mezzo della Marina portandosi lontano da ogni possibile minaccia tedesca.
Intanto durante le trattative armistiziali i nostri politici e militari, pieni di un ottimismo di cui ancora oggi non si conosce la natura,, erano convinti che i tedeschi si sarebbero ritirati lungo la linea dell’Appennino, Invece proprio durante quelle ore i tedeschi avevano rafforzato le proprie posizioni in Italia e stavano facendo affluire nuove truppe in particolare nei dintorni di Roma.
La difesa di Roma sarebbe stato un fatto decisivo, nei dintorni di Roma c’erano 6 divisioni oltre a gruppi di cittadini armati, ma la difesa della Capitale non ci fu.
Anzi, le unità si sciolsero nella più completa confusione, ufficiali e soldati abbandonarono armi e uniformi e tornarono a casa prendendo d’assalto i treni, andando con mezzi di fortuna, persino a piedi in un’atmosfera di completo disfacimento. Non mancarono coloro che si arresero ai tedeschi.
Ancora più drammatica fu la situazione per le truppe dislocate all’estero, specie quelle di istanza nei Balcani che isolate dalla Patria e mancanti di rifornimento si trovarono spesso sotto la duplice minaccia dei tedeschi e dei Partigiani; le guarnigioni di Corfù e Cefalonia che avevano opposto resistenza furono sterminate dai tedeschi; in Grecia vennero disarmati e portati nei campi di sterminio; in Jugoslavia le divisioni si unirono all’esercito partigiano del Maresciallo Tito formando la divisione Garibaldi che combatté i tedeschi fino alla fine del conflitto.
Solo nei Balcani andarono perduti 40.000 uomini; mentre in tutto il bacino del Mediterraneo i tedeschi ne catturarono 640.000; la modernissima corazzata Roma fu affondata insieme ai 1500 uomini di equipaggio da aerei tedeschi.
Il 9 settembre le forze anglo-americane erano sbarcate a Salerno; il primo di ottobre arrivarono a Napoli, ad onor di cronaca, Napoli era già in mano alla popolazione. Popolazione che negli ultimi quattro giorni era insorta contro le fucilazioni effettuare dai tedeschi, combattendo rione per rione e spingendo i tedeschi fuori dalla città.
Ci fu un secondo sbarco alleato ad Anzio che fu subito circoscritto dai tedeschi per cui l’Italia appariva spaccata in due: sud di Roma e isole in mano agli alleati, il nord in mano ai tedeschi.
Ciò nonostante, l’ancora oggi caro Duce a molti, il 12 settembre veniva liberato da un gruppo di paracadutisti tedeschi ed il 16 settembre fondava un secondo fascismo: la Repubblica di Salò.
Il suo primo discorso, a capo della Repubblica di Salò si apriva con un atto di accusa contro il re, Badoglio, i circoli militari attorno alla famiglia reale rei di aver tradito il popolo italiano, il fascismo e l’alleato tedesco.
Il nuovo fascismo sarebbe stato repubblicano, avrebbe ricostituito il Partito e un nuovo esercito per riprendere la lotta a fianco della Germania ed avrebbe punito esemplarmente i traditori che avevano collaborato con il re e Badoglio alla congiura del 25 luglio.
Intanto, appena alcune ore dopo l’annuncio dell’armistizio, veniva fondato il comitato di Liberazione Nazionale (CLN) da parte dei partiti antifascisti: Bruno Buozzi Socialista, Bonomi socialdemocratici, Alcide De Gasperi democristiano, Meuccio Ruini di democrazia del Lavoro, Luigi Salvatorelli del partito d’azione, Giorgio Amendola comunista proclamavano la nascita ufficiale del movimento di resistenza.
Da quel momento l’attività dei partiti antifascisti assumeva due aspetti diversi: al nord diventava lotta clandestina, tesa ad organizzare a dirigere la resistenza contro il nazifascismo. e, al sud rimaneva azione politica e lotta per il potere.
Pur essendo tutti i partiti uniti alla lotta contro il nazifascismo ognuno di essi aveva un’idea diversa di libertà, un’idea diversa di come ricostruire l’Italia.
Ma non voglio soffermarmi su questo, preferisco provare a ricostruire il clima ed i fatti tra il settembre ‘43 ed il 25 aprile ‘45.
Il 14 ottobre 1943 l’Italia veniva riconosciuta dall’Inghilterra, dall’Unione Sovietica e dagli Stati Uniti come nazione cobelligerante, in questo caso grazie alla collaborazione con gli alleati e alla collaborazione allo sforzo bellico, veniva riconosciuta al popolo italiano la possibilità di scegliere democraticamente la forma di governo alla fine della guerra.
L’Italia era senza un esercito ed il generale Badoglio riuscì a mettere insieme delle forze solo a fine del 1944 e non arrivavano a 50.000 uomini.
Quindi l’Italia fu liberata dai Partigiani che si contano complessivamente in 232.841 di cui continuativi 125.714.
Roma fu liberata il 5 giugno del 1944 ed è stata dichiarata Città Aperta, a Roma erano attive le squadre d’azione del GAP un’organizzazione comunista che agiva indipendentemente dagli ordini del CLN. per impulso dei gappisti gli ultimi mesi di occupazione erano stati caratterizzati da una serie di azioni terroristiche aperte come l’episodio di via Rasella proprio nel centro di Roma dove alcuni giovani membri dell’organizzazione avevano assalito con un lancio di bombe a mano e raffiche di mitra una colonna di militari tedeschi uccidendone 32 era una delle più pesanti perdite subite dai tedeschi in azioni del genere, la rappresaglia fu feroce 355 tra detenuti politici, intellettuali e comuni del Regina Coeli furono massacrati dalle SS in una cava di sabbia nei d’intorni della capitale le “Fosse Ardeatine” l’orrore continuerà con un crescendo rossiniano fino alla fine, ultima vittima lo stesso giorno della liberazione di Roma fu Bruno Buozzi sindacalista socialista ex segretario della CGIL.
Dopo la liberazione di Roma, l’Italia centrale veniva occupata abbastanza rapidamente e le truppe alleate i primi di agosto entravano a Firenze, affiancate dalle truppe Partigiane che, durante tutto l’inverno ‘43-’44, erano state attive sui monti del Casentino in numerose azioni di guerriglia. Alleati e Partigiani combattono fianco a fianco per ripulire la città dai franchi tiratori asserragliati sui tetti ma superata Firenze le truppe alleate erano di nuovo ferme, i tedeschi avevano creato una nuova linea fortificata lungo gli Appennini la linea gotica che congelò il conflitto per tutto l’inverno ‘44-’45
In questo periodo le azioni dei partigiani erano azioni di guerriglia urbana, atti terroristici (specie i GAP), organizzazione di scioperi, sabotaggi alla produzione di guerra, diffusione di materiale propagandistico antifascista (SAP).
La lotta partigiana costò un alto prezzo in termini di vite umane, circa 70.000 morti e 40.000 feriti a cui sono da aggiungere i civili morti per rappresaglia, basti ricordare quella di Marzabotto, che costò la vita a 1.836 persone; quella di Sant’Anna di Stazzena provincia di Lucca che fece 560 vittime, ma la lista è lunghissima.
Non avendo un’organizzazione militare e rifugiandosi sui monti le formazioni partigiane si trovavano a volte isolate e prive di qualsiasi sostegno, per cui si scioglievano ed i partigiani tornavano alle loro vecchie occupazioni ma venivano facilmente scoperti e giustiziati.
Nel dicembre del ‘44 le brigate partigiane vennero trasformate in Corpo Volontari della Libertà, sotto il comando del Generale Cadorna e vista l’eterogeneità dei partigiani e dei partiti antifascisti, la direzione del PCI per l’Alta Italia, per bocca di Luigi Longo, tra l’11 ed il 12 marzo ‘45 lanciava un proclama in cui si chiariva che l’insurrezione voluta dal Partito non era un’insurrezione di classe ma di tutto un popolo per l’indipendenza e la libertà e si sarebbe svolta sotto la bandiera del tricolore. Esattamente Luigi Longo disse:
“La battaglia finale è cominciata”, e
richiamandosi ancora a un discorso di Togliatti aggiunge: l’insurrezione “deve essere insurrezione
non di un partito o di una classe, ma di tutto il popolo per la cacciata di tedeschi e fascisti e per la
creazione di un’Italia nuova”. La lotta finale dovrà basarsi sulla “trasformazione delle formazioni
partigiane in regolari unità militari, aventi un solo obiettivo, una sola disciplina, una sola
bandiera: quelli del CLN”
Così partiva l’offensiva finale che portò a conquistare Bologna il 21 aprile ‘45 ed apriva la via del Po alle divisioni motorizzate anglo-americane.
Tutte le città del nord furono attaccate da bande di partigiani che venivano giù dalle montagne ed il 25 aprile nelle città di Torino e Milano l’invasore tedesco ed il dittatore fascista venivano definitivamente annientati.
A Milano era stato proclamato, a partire dalla mattina del giorno precedente, uno sciopero generale, annunciato alla radio “Milano Libera” da Sandro Pertini, futuro presidente della Repubblica, allora partigiano e membro del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN).
Il Duce, di cui ancora oggi nel sentir parlare benevolmente mi vengono i conati di vomito, cercò di fuggire oltre confine in incognito come qualunque vigliacco e truffatore avrebbe fatto ma, fortunatamente, fu intercettato da una formazione partigiana, processato da un tribunale improvvisato e fucilato sul posto insieme ad alcuni gerarchi ed alla sua amante Clara Petacci.
La mattina del 28 aprile, giorno che proporrei come ulteriore festa nazionale, i cadaveri venivano appesi e lasciati esposti ad un distributore di benzina in piazzale Loreto a testa in giù dove qualche mese prima erano stati esposti i corpi di 14 partigiani fucilati dalle brigate nere.
Tutta questa cronistoria con un unico obiettivo: chi non vuole festeggiare il 25 aprile lo faccia pure ma con cognizione di causa e non usando slogan da stadio tipo “derby” come affermato dal vice premier Salvini;
piuttosto che: “è motivo di discordia” come affermato da qualche sindaco leghista o filo-leghista.
La realtà è che chi non festeggia il 25 aprile lo fa solo perché fascista e non può ovviamente festeggiare la propria disfatta!
ELO
Bibliografia:
“L’Italia Contemporanea 1943-1998” di Giuseppe Mammarella edito da “il Mulino”
“Storia dell’età Moderna e Contemporanea” di Massimo L. Salvadori edito da “Loescher”
“8 settembre 1943. Storia e Memoria” di C. Dellavalle, Milano, Angeli, 1989
“Diario di un anno: 2 giugno 1943- 10 giugno 1944” di Bonomi, Garzanti
“Storia della Resistenza italiana” di R. Battaglia, Einaudi
“Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità della resistenza” C. Pavone, Bollati Boringhieri
” Gli alleati e l’Italia, in Storia dell’Italia Contemporanea diretta da R. De Felice, vol. V, Napoli, Esi